Q&A

GROOMING

Il rischio di essere contattati da adulti malintenzionati che modificano la loro identità per fare richieste sessuali è un rischio molto percepito dai ragazzi, poco dai bambini.

Un primo pericolo del grooming è che il bambino non sappia individuare la situazione per tempo e dia informazioni personali all’adescatore, quali ad esempio la scuola che frequenta o l’indirizzo di casa; ulteriore problematica sta nel fatto che spesso il bambino cede alla richiesta del groomer di non farne parola con nessuno.

CONTENUTI LESIVI, PORNOGRAFIA E PEDOPORNOFILIA

Nel corso della navigazione i minori possono imbattersi in contenuti inappropriati, violenti, pornografici, potenzialmente anche molto pericolosi per il loro equilibrio psicologico.

Oggi, chiunque può caricare o cercare materiale online molto facilmente ed in totale anonimato, questo rende il mondo virtuale pericoloso per un viaggiatore ingenuo ed inesperto quale può essere un bambino. 

La tutela della privacy, per certi versi fondamentale, da altri punti di vista rende difficile la protezione del minore  non solo da contenuti ma anche da contatti indesiderati. Il bambino può, infatti, essere adescato per pedopornofilia: possono essergli richieste immagini, video o incontri molto pericolosi. 

Non solo social, ma anche app, piattaforme, videogame possono essere luoghi non sicuri se non supervisionati dall’adulto: il bambino può incorrere in immagini traumatiche o ambigue che lui stesso non ha gli strumenti per comprendere e metabolizzare.

Il consiglio quindi è quello di dare delle regole, eventualmente utilizzando i contratti proposti da Fondazione Carolina,farsi supportare da un parental control e soprattutto mantenere un dialogo aperto con il proprio figlio/a

DIPENDENZA DA LIKE

La dipendenza dal piacere agli altri è un fenomeno tanto umano quanto amplificato dai social network e dalle app di incontri, oggi sempre più usate anche dagli adolescenti. Sentirsi gratificati genera reazioni chimiche molto simili a quelle delle droghe, un piacere che poi si tende a ricercare anche in maniera compulsiva fino ad esserne dipendenti. Nell’adolescenza piacere agli altri è un bisogno particolarmente forte e che attecchisce in una identità in fase di sviluppo ed ancora molto fragile e suggestionabile. Se è vero che il cervello si continua a sviluppare fino ai 25 anni, è anche vero che nella pubertà passa una delle fasi più plastiche e sensibili. La gioia di piacere può così diventare un bisogno cronico, una totale dipendenza dal piacere agli altri ancora prima che a sé stessi, creando un estraniamento interno che nel tempo può portare a nevrosi e depressioni. Ulteriore pericolo nella definizione del sé è la possibilità che il social dà di creare avatar, persone diverse da quelle che siamo realmente. Comunicare in continuazione quello che si fa, mostrare ogni aspetto anche intimo della propria vita, pur di essere gratificati dall’approvazione sociale, è lesivo per la dignità del giovane, l’autostima e l’amor proprio.

La gravità di tale atteggiamento è tanto maggiore, quanto questa ricerca di approvazione (e di like) diviene totalizzante.

CYBERBULLISMO

Dal confronto tra i dati sul bullismo e quelli del cyberbullismo sembra che quest’ultimo sia riflesso del primo. Se accade nella realtà fisica può facilmente corrispondere in attacchi on line e viceversa. Nella maggior parte dei casi, la vittima è il diverso e il debole: per etnia, per religione, per caratteristiche psicofisiche, per genere, per identità di genere, per orientamento sessuale e per particolari realtà familiari. Ciò che rende più potente il cyberbullismo è il potenziale anonimato del bullo e l’ampiezza di risonanza che può avere sia in termini quantitativi di spettatori che in termini di tempo vista la difficoltà di cancellare dalla rete ogni traccia di attacco. Il cyberbullismo porta con sé molte sfumature nel tipo di discriminazione: flaming, harassement, exposure, trolling, stalking, cyberstalking,  denigration, baiting. Vd. Glossario. 

Ciò che è importante sapere per il genitore è che il fenomeno del cyberbullismo è in parte sommerso: il ragazzo può avere difficoltà nel parlarne, può vergognarsene o può temere che un intervento del tutore generi ripercussioni ulteriori da parte del bullo.

Può essere utile per affrontare la tematica in famiglia, affidarsi al commento fatti di cronaca o esperienze terze proposte tramite film o letture ad hoc.

SEXTING, REVENGE PORN, SEXTORTION SCAMS

Mandare o chiedere immagini a sfondo sessuale è un modo che gli adolescenti di oggi utilizzano per flirtare.  La percezione erronea del device e della messaggistica come luoghi privati, porta il giovane ad inviare foto o video che creano un gioco erotico e di seduzione con il partner o l’aspirante tale. Può anche essere una modalità scelta dai più timidi che avrebbero maggiore difficoltà a lasciarsi andare di persona. Sondaggi relativi ai giovani anglosassoni ci dicono però che il sexting non sostituisce il contatto di persona e fisico, può essere un preliminare o una parte della relazione. Il pericolo del sexting è il non controllo della propria immagine: spesso, per lo più ragazze, mandano foto intime di cui perdono ovviamente il controllo nel momento stesso dello scatto e dell’invio. Non bisogna infatti dimenticare che lo smartphone salva le nostre immagini in spazi virtuali, generalmente molto protetti ma non di nostra proprietà.  Al momento dell’invio il controllo è definitivamente perso. 

Da questa abitudine sono nati la revenge porn e sextorion scams: utilizzo delle immagini ricevute per vendicarsi tramite la loro diffusione e/o per ricattare.

Ovvie le conseguenze psicologiche su personalità giovani ancora insicuri ed in fase di definizione: sia nell’idea che per piacere sia necessario svendere immagini intime del proprio corpo o ridurre la relazione erotica a scambi di immagini, sia nelle conseguenze che la diffusione di quelle immagini può avere a livello sociale.

E’ quindi importante educare fin da piccolo il proprio figlio ad aver consapevolezza di cosa sia il concetto di intimità che esige una riservatezza impossibile on line e aiutare il proprio figlio a riflettere sul concetto di “Se condividi non è più tuo” anche attraverso la visione del video :

https://www.youtube.com/watch?v=eDkrOLKhj1g

HATE SPEECH / HATE CRIMES

L’istigazione all’odio tramite la diffusione di contenuti violenti, aggressivi, negativi è certamente una forma di violenza e manipolazione nei confronti di menti e personalità in via di definizione quali sono quelle di un preadolescente e adolescente. Il minore può trovarsi coinvolto in contesti del genere senza volerlo: all’apertura di un video con un titolo accattivante, nel profilo di un contatto che segue ma non conosce, in un video autoprodotto e sfuggito al controllo dei providers (NUSG), in un video pubblicitario che appare all’improvviso in un videogame. Gli haters fanno spesso leva sulla debolezza di chi si sente più solo e cerca un gruppo cui appartenere o chi è insicuro ed è facile da manipolare: la rete dà loro una enorme potenzialità di contatti e potenziali adepti. Conseguenze ulteriormente negative possono essere il coinvolgimento in azioni “reali” di violenza e discriminazione ed il contatto personale con soggetti pericolosi.

Il concetto erroneo della violenza banalizzata e intesa come divertimento all’interno di un contesto ludico, deriva anche dall’esposizione incontrollata a videogame e serie tv destinate ad un pubblico adulto . Deve pertanto restare alta l’attenzione circa l’età minima consigliata per i videogiochi (classificazione Pegi e Agcom) e per le serie TV la cui visione può essere inibita tramite l’attivazione di filtri parentali.

ISTIGAZIONE AL SUICIDIO, AD AUTOLESIONISMO, ANORESSIA E BULIMIA

Il malessere adolescenziale è parte dello sviluppo, la digitalizzazione di tale malessere è però diventata uno strumento di istigazione pericoloso per chi già vive un momento di difficoltà, infelicità e debolezza. Se, prima del web, chi viveva un disagio profondo rischiava un forte isolamento, oggi può essere attratto da blog, chat, forum, network che promuovono l’assunzione di comportamenti autolesivi e in casi estremi, il suicidio. In tali luoghi, il giovane può trasformare un disagio temporaneo in cronico, pur di sentirsi compreso ed accettato nella sua difficoltà. Riceve informazioni che non sa filtrare e che possono rafforzare il suo malessere. Anoressia, bulimia ed autolesionismo possono avere conseguenze anche mortali. 

Dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che il suicidio e la morte accidentale da autolesionismo sono la terza causa di mortalità degli adolescenti. L’autolesionismo si verifica in gran parte tra gli adolescenti più grandi, e globalmente è la seconda causa di morte per le ragazze adolescenti di età maggiore. 

CHALLENGE

Adolescenza è per definizione la tendenza alla trasgressione, al mettersi alla prova, alla propensione al rischio. La rete, anche in questo, sembra essere un amplificatore delle naturali pulsioni umane.  “I cambiamenti socioculturali, in particolare il passaggio da una famiglia normativa ad una famiglia affettiva e l’introduzione della Rete nella vita quotidiana, che hanno sancito il passaggio alla generazione dei Nativi Digitali, hanno portato ad alcuni fenomeni particolari per quanto riguarda queste problematiche. Da un lato emergono comportamenti a rischio nuovi, poco comprensibili da parte degli adulti, finalizzati ad essere popolari e ad ottenere ammirazione. Dall’altro, la fisiologica propensione al rischio intesa come spinta ad andare oltre a ciò che si conosce e ad addentrarsi nel mondo, sembra in netta diminuzione.” *

Se, certamente le challenge sono un fenomeno pericoloso e da monitorare, è anche vero che spesso sono più raccontate che realizzate. Il parlarne paradossalmente le rafforza ed aumenta il rischio di emulazione ma dai giovani di oggi non sono percepite come una tendenza diffusa, sono ritenute pericolose soprattutto per i più deboli.

In quanto adulti proviamo ad interrogarci su quale sia il bisogno che si cela dietro all’interesse verso le challenge ( bisogno di approvazione, di appartenenza, di visibilità) e apriamo un dialogo con il minore finalizzato a comprendere  quali modalità alternative ci siano per soddisfare tali bisogni in sicurezza.

* AZIONI VIRTUALI, RESPONSABILITÁ REALI – Comportamenti trasgressivi e antisociali tra i nativi digitali 

Mauro Di Lorenzo – Psicoterapeuta Minotauro, Docente della Scuola di Psicoterapia del Minotauro.

GIOCO D’AZZARDO E LUDOPATIA

La tendenza al gioco d’azzardo, sia con le macchine presso i bar che on line è un fenomeno in crescita tra i minori, anche molto giovani.

Online il ragazzo riesce ancora più facilmente a sfuggire alle restrizioni di età e, per la sua maggiore tendenza al bisogno di gratificazione dato dalla vincita, è più esposto al rischio di dipendenza patologica e gioco compulsivo, la ludopatia. Ulteriore pericolo è dato dalle chat di gioco, all’interno delle quali il ragazzo può essere attratto in chat di appuntamenti, o coinvolto in scommesse illegali, giochi a tema erotico ed altre situazioni in cui è facile approfittare dell’ingenuità.

Un altro rischio specifico è la perdita ingente di denaro:  perché il minore inserisce nel “conto di gioco o borsellino elettronico” i dati delle carte di pagamento dei genitori senza alcuna tutela di sicurezza nella gestione dei dati forniti, perché l’operatore è illegale e non riconosce le vincite o liquida il conto in chiusura, perché la scommessa si paga con il credito telefonico e questo viene liquidato senza possibilità di riscatto.

I “campanelli d’allarme” sono :

  • Assorbimento eccessivo verso un determinato gioco per il quale si inizia a scommettere forme di denaro (anche minime)
  • Riduzione della capacità di controllo sulla quantità di tempo dedicata al gioco
  • Calo delle performance scolastiche
  • Ritiro dai propri interessi e affetti
  • Condotte “inusuali” come nascondere i propri movimenti, essere vaghi, mentire o rubare
  • Aumento di stati di tensione e di ansia spesso associati ad un’eccessiva riservatezza

FURTO D’IDENTITÀ, GEOLOCALIZZAZIONE, FINSTA

La perdita in sicurezza digitale è oggi l’altra faccia della medaglia della tutela della privacy. La criptazione dei messaggi nei principali fornitori di servizi di messaggistica digitale non rende facilmente controllabili  i contenuti dei messaggi e l’identità di chi li scrive o di chi posta materiale. I ragazzi sono quindi esposti sia al furto di identità digitale, che può essere usata sia per denigrare socialmente la vittima che, come abbiamo già detto, per contattare i ragazzi da parte di adulti sconosciuti che si fingono coetanei. Contemporaneamente, i ragazzi usano la mancanza di verifica dell’identità per la creazione dei cosiddetti finsta, un secondo profilo destinato ad una cerchia ristretta di contatti all’interno del quale vengono postati contenuti più intimi , imbarazzanti e soprattutto nascosti al pubblico adulto. 

Il non controllo dell’effettiva età e dell’identità nei vari social, consente inoltre ai ragazzi di accedere a servizi digitali vietati sotto certe fasce di età.

La scarsa conoscenza dell’ambiente virtuale e dei propri diritti in tema di privacy, d’altro canto, porta a condividere e cedere dati personali senza  consapevolezza delle conseguenze: geolocalizzazione (con i rischi conseguenti, tra cui lo stalking), interessi, preferenze, abitudini (con la conseguente profilazione destinata a fini commerciali),  informazioni intime (con il rischio di ritorsioni successive).

GAMING

Pur non essendo di per sé stesso dannoso, il gaming porta con sé alcuni rischi:

  • esposizione a contenuti potenzialmente dannosi e violenti;
  • approcci indesiderati in caso di videogioco online;
  • uso eccessivo e dipendenza;
  • phishing, violazione della privacy;
  • disinteresse verso lo studio e le relazioni personali;
  • stress, disturbi del sonno, ansia;
  • miopia per la continua messa a fuoco statica;
  • obesità per mancanza di movimento fisico;
  • virus nel device;
  • “microtransazioni”, i video giocatori sono, infatti spesso spinti all’acquisto di monete virtuali usate nei giochi per potenziare i personaggi e prestazioni.

In considerazione del fatto che i tempi di gioco variano a seconda dell’età, della tipologia di device, della modalità ludica scelta (individuale, multiplayer) e delle meccaniche di gioco (se statico o dinamico) è bene tenere a mente che le sessioni dovrebbero durare circa 40-60 minuti e  non dovrebbero mai superare le 3 ore. Vanno sempre previste delle pause ed è necessario concordare preventivamente  tempi e luoghi (evitare la console in cameretta) anche attraverso la condivisione di un patto di famiglia ad hoc (vedi contratti di Fondazione Carolina).

Spesso nel videogioco si trova un rifugio sicuro dove ci si sente “capaci e apprezzati” dai propri amici on line; ; è quindi importante aprire un dialogo finalizzato a comprendere le reali motivazioni che portano ad un uso eccessivo di attività videoludica incentivando anche le interazioni in presenza.